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Buona festa della mamma e del papà.

Ogni festa è buona per ricordare le cose importanti.


Quando ero piccola non volevo avere figli, non ci pensavo, credevo che non fossero per me.

Fino all’età di ventotto anni avevo allontanato quest’idea, centrandomi su altre priorità come il lavoro, gli amici.

Poi ho incontrato mio marito. Non so dirvi bene che cosa questo abbia cambiato, ma so che avere dei figli con lui non è stata una scelta, quanto una necessità: qualcosa che non doveva essere programmata, una conseguenza naturale della vita. Sono diventata mamma per la prima volta a trent’anni.

Non avevo idea di come funzionasse una bambina.

Non avevo giocato troppo con le bambole e il mio unico fratello era nato cinque anni prima di me ed era stato lui a prendersi cura di me, non io di lui.

Ero inesperta e ignorante, e direi e anche tanto.

All’inizio, credevo che il senso di un figlio fosse che questi si adattasse alla mia vita, alla nostra vita di genitori, e che io e mio marito continuassimo tranquillamente a seguire i nostri progetti, il lavoro e così via.

Alisa è andata al nido all’età di sei mesi e poi, quando ne aveva nove, io ero di nuovo in dolce attesa.

Intanto lavoravamo, continuavamo la vita di sempre, portando la piccola in giro, facendo viaggi…

Quando è nata Amelie, Alisa aveva sedici mesi, io avevo appena finito un dottorato e con mio marito avevamo deciso di andare a vivere nel suo paese, la Lituania. Ero senza lavoro, in casa, da sola, con due bambine piccolissime, in un paese di cui non parlavo la lingua.

Un periodo molto difficile, non mi ritrovavo come persona, né come madre e non avevo ancora nessuna idea di che cosa questa parola significasse. La vita andò avanti con cambiamenti e lavori, fin quando per diversi motivi, decidemmo di andare a vivere in Spagna, lasciare quello che conoscevamo, e iniziare una nuova vita.

Una volta a Valencia, per un anno non ho lavorato. Le mie figlie erano con me tutto il giorno. Iniziavo a vederle costantemente, interpretare meglio le loro sfumature, il motivo del pianto, della stanchezza. Avevo smesso di aspettare che seguissero i miei orari, ero io a seguire i loro. Quando erano stanche, eravamo in casa perché potessero riposare e così via. Iniziavamo ad adattarci lentamente. Avevo iniziato a dar loro la possibilità di spiegarmi chi fossero: le avevo messe al mondo, ma fino a quel momento non avevo avuto tempo o forse voglia di ascoltarle. Mi sentii molto stupida.

Da quel momento, ogni giorno scoprivo cose nuove e imparavo poco a poco che cosa significasse, per me, essere madre: non la perfezione, non sapere tutto, non dire loro quello che si possa o non si possa fare, ma ascoltare.

Fermarsi, fare un respiro profondo ed esserci.

Comprendere le necessità, le differenze.

Chiedere, attendere le risposte con pazienza: dal cibo, ai vestiti, agli orari, alle attività, agli amici, ai giochi.

Farle diventare persone indipendenti e stabili.

Ho imparato, anche se c'è ancora tanto da imparare, a vederle con i loro occhi e non con i miei, a seguire le loro scelte e comprendere i loro angoli, duri o smussati che fossero.

Un genitore segue, sorregge, ascolta.

Questo è quello che significa per me essere madre.

Ma arrivare a questo punto ha richiesto tempo, lavoro, quello vero, non quello davanti a un computer e nemmeno quello nella corsia di un ospedale.

Possiamo credere di star salvando il mondo, ma non ci riusciremo se non ci prenderemo cura, prima di tutto, della nostra famiglia, qualunque essa sia, con o senza figli.

È stancante, stressante, inquietante, spesso noioso, a volte irritante: essere madri (e padri) è un impegno, una presenza a tempo pieno, che non conosce ferie o fine settimana.

Oggi, in questo giorno di festa, vorrei solo ricordare, anche a me stessa, di trovare sempre il tempo: il tempo per ascoltare i propri figli, per imparare a conoscerli, per sostenerli e accompagnarli.

Dare la vita non è il gesto di un giorno, dura per sempre e non dobbiamo sacrificarlo, rovinarlo, perderlo per una società che ne dimentica l’importanza.

I figli li abbiamo messi al mondo, ma non sono nostri, né sono noi stessi, come diceva il famoso poeta.

Noi siamo qui solo per guidarli, affinché trovino la propria strada. Sono il futuro, quello di tutti.

Essere genitori è un dovere verso i propri figli ed è un diritto e per farlo si ha bisogno di tempo.

Siate genitori e non lasciate che vi tolgano questo diritto. Continuate a dedicare tempo ai vostri figli, ascoltateli, seguiteli, supportateli e non solo in questi giorni di quarantena…

Buona festa della mamma e del papà (perche non mi piacciono le categorizzazioni) buona festa dei genitori. State facendo un lavoro meraviglioso.

Grazie per il vostro impegno.


Isabella Pojavis

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