Passeggiando per la scuola del giovane Holden
- Isabella Pojavis
- 17 mar 2021
- Tempo di lettura: 3 min
Breve, brevissimo pensiero.
Cari #gigli,
come avrete notato ho ripreso a scrivere sul blog, dopo un lungo periodo di assenza. Cercherò di farlo in modo più frequente per darvi anche un'idea di quello che succede qui attorno, sperando che questo possa essere utile come spunto ed esperienza condivisa.
Circa due mesi fa, ho iniziato un corso di storytelling alla scuola del giovane Holden. Credo di aver scelto un periodo sbagliato per farlo, perchè ho lavorato a tempo pieno in questi ultimi mesi e scrivere, lavorare e fare la mamma non è una cosa che risulta compatibile con la mia biologia.
La scrittura mi richiede molto tempo, mi porta a intense riflessioni e domande che a volte tardo giorni nel rispondere, messo che trovi la risposta. Se la relego ai momenti liberi, non viene fuori niente di buono. Comunque, nel corso questa settimana avevamo un piccolo esercizio.
Dovevamo scrivere un racconto in 123 parole.
Siccome mi vengono sempre mille dubbi quando devo svolgere un esercizio, (sarà dato dall'ansia scolastica? boh), ne ho scritti quattro ma ancora non credo di aver centrato quello che il compito richiedeva. In tutti i casi, ho pensato di condividere con voi queste storie per sentire che cosa ne pensate, se qualcuna vi piace più delle altre e se, secondo voi, sono storie finite o solo immagini, fotografie.
Poi vi racconterò i commenti del maestro appena li riceverò.
1.
Quando arrivò la notifica di accredito stipendio, erano le sei del pomeriggio.
Tornavo a piedi dal lavoro. Per festeggiare, entrai nel negozio di giocattoli dietro casa per prendere delle costruzioni per mia figlia.
- Posso aiutarla? - Era la commessa.
- Dove avete le costruzioni? - Ho chiesto.
- In fondo, divise per età. -
- Rosa ha nove anni! - Ho detto, senza che venisse domandato.
Ho scelto la confezione più grande: centoventitre pezzi.
Mentre pagavo, dubitavo, ma la commessa ha aggiunto: - Ottimo regalo! È il compleanno? -
Ma non era il compleanno di nessuno.
Una volta fuori, ho gettato il pacchetto in un cassonetto.
Però, se non per una scatola di mattoncini, perché mi svegliavo la mattina alle sei e supervisionavo una produzione di armi da fuoco?
***
2.
Erano almeno dieci minuti che mi seguiva, ed erano almeno dieci minuti che fingevo di non vederlo. La luce dei lampioni però rendeva le ombre perfettamente visibili e il silenzio della notte faceva rimbombare il ticchettio dei suoi passi: era dietro di me.
Non sapendo che cosa fare, decisi di accelerare e cambiare strada in modo improvviso; eppure, quando aprii la porta di casa, sapevo di non averlo seminato: era lì, da qualche parte.
Con il cuore in subbuglio, chiusi bene a chiave e andai a dormire.
Il mattino seguente, avevo dimenticato tutto, ma quando aprii la porta e mi ritrovai con dei grandi occhi in un pelo arruffato, non trovai altra soluzione che quella di lasciarlo entrare.
Non sempre si sceglie.
***
3.
Ieri mattina mi sono licenziata.
Sono rientrata, tremante, a casa, e Marco mi ha chiesto come stessi.
- Sono felice! - Ho risposto, con un sorriso che forse gli è sembrato un po’ stupido.
- Festeggiamo? - Mi ha domandato con sguardo incerto.
Ho fatto un cenno con la testa.
- Vado a prendere da bere! -
Ci ha messo molto a ritornare.
Nel frattempo, giravo nervosa per il salone ricostruendone ogni angolo, come se non lo vedessi da tempo.
Bicchieri alla mano, Marco è finalmente rientrato.
- Non credi sia stata una scelta affrettata? -
- Senza dubbio! - Ho detto.
Dopo qualche momento, mi sono messa a ridere.
Marco si è seduto, mi ha guardato e ha finalmente iniziato a ridere anche lui.
Due poveri folli, liberi da schiavitù.
***
4.
Erano venticinque minuti che cercavo un’alternativa, ma non c’era.
O tornavo indietro e me ne dimenticavo; o attraversavo il ponte.
Solo che non mi sono mai piaciuti i ponti, mi sembrano instabili, troppo soggetti ai movimenti della terra.
Certo, non era necessario nemmeno che l’attraversassi. In fin dei conti, ci avrei trovato un’altra valle, che cosa poteva nascondere?
Poi, vidi un bimbetto correre da solo. Avrà avuto meno di quattro anni.
Una madre, disperata, che cercava di raggiungerlo.
Che fare?
Mi sono messo a correre e l’ho braccato a metà del ponte, inginocchiandomi per trattenerci.
Non riuscivo più a muovermi.
La donna ci ha raggiunto e, non so come, mi ha fatto riattraversare il ponte.
Peccato mi abbia riportato al punto di partenza.
Spero di avervi fatto compagnia.
Commenti?
Non vedo l'ora di leggerli.
A presto
Isabella
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